• on 25 July 2022

Basilica di Sant’Eustorgio (quarta parte)


La presenza in Sant’Eustorgio dei monaci domenicani e la vicenda di San Pietro Martire.

Questi monaci sono presenti a Milano sin dall’inizio, quando cioè proprio il loro fondatore San Domenico visitò la città agli inizi del 1200. Prima ospitati presso la chiesa di S. Nazzaro, si trasferirono presso Sant’Eustorgio attorno al 1220.

A tal proposito vale la lettura delle “Cronache” scritte dal frate domenicano milanese Galvano Fiamma, facente parte del primo gruppo di monaci che abitò in Sant’Eustorgio.

Queste “Cronache” ci fanno sapere che, all’epoca, le condizioni della Chiesa e dei fabbricati annessi, erano molto precarie così come precarie erano le condizioni ambientali ove la Chiesa era ubicata, lontano dalla città ed in luoghi acquitrinosi e paludosi.

Dalle stesse “Cronache” veniamo a conoscenza delle diverse opere eseguite da questi monaci, sia all’interno della Chiesa come anche nei territori limitrofi, ad iniziare dalla riparazione del tetto dal quale entrava copiosa la pioggia fino alla creazione di ampi orti che davano nutrimento ai frati stessi nonché ai pellegrini dell’Hospitale.

Tuttavia la missione principale di questi monaci era la lotta contro le eresie attraverso la predicazione, la confessione ed in genere il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione che gravitava attorno alla Chiesa, e bisogna proprio dire che questa loro missione doveva essere svolta con molto profitto se nel 1227 l’arcivescovo Lanfranco Settala attribuiva in modo definitivo la giurisdizione dei monaci domenicani sulla Chiesa e su tutti i fabbricati ad essa connessi.

Un altro segno che la Chiesa di Sant’Eustorgio andava crescendo nella considerazione del popolo milanese, fu che nel 1229 il nobile Ottone Visconti volle essere sepolto proprio nel cimitero sorto accanto alla Chiesa, presso il ponte del Naviglio. Con l’andare del tempo poi questa nobile famiglia milanese, che di lì a pochi anni, sconfiggendo i Torriani nella battaglia di Desio del 1277, si assumerà la Signoria della città, diventerà proprio la Patrona della Chiesa di sant’Eustorgio.

Intanto nel 1251 papa Innocenzo IV aveva inviato in Lombardia il monaco domenicano Pietro da Verona come inquisitore contro tutti gli eretici, in particolare i Valdesi ed i Catari. Di fatto l’Abate provinciale lo nomina pochi mesi dopo Inquisitore pontificio di Milano e Como, per cui Pietro da Verona prende residenza presso la Chiesa ed il Convento di Sant’Eustorgio.

Da subito Pietro da Verona acquista grande considerazione presso la comunità monastica di sant’Eustorgio tanto che il cronista Fiamma, che abbiamo citato prima, attribuisce all’opera di questo suo confratello addirittura il ritrovamento del Corpo di Sant’Eustorgio, del quale si era persa traccia nei secoli, descrivendo altresì con grande enfasi la cerimonia della traslazione dei resti mortali del santo nel sarcofago posto proprio sotto l’altare maggiore della Basilica.

E’ precisamente il sarcofago di cui abbiamo parlato all’inizio.

L’attività spirituale e la costante predicazione di Pietro da Verona diedero grandissima fama e celebrità alla Basilica ed al Convento di Sant’Eustorgio, con un concorso di fedeli talmente numeroso da costringere il monaco a tenere le sue prediche non più in Chiesa, diventata insufficiente ma su un pulpito eretto appositamente sul sagrato proprio sulla facciata della Chiesa stessa. E’ il pulpito che ancora oggi si vede fuori della Basilica.

La fama e la popolarità di Pietro da Verona era così grande in città che egli riuscì perfino a far inserire nello Statuto della Città, le norme del Decreto emesso da Papa Gregorio IX contro gli eretici. Ciò sta a significare che questo monaco domenicano non solo aveva influenza sulle autorità religiose della città, ma anche su quelle civili.

Naturalmente tutto questo non poteva andare a genio agli eretici che vivevano sul nostro territorio tanto che organizzarono un attentato nei confronti del monaco domenicano. Pietro da Verona viene ucciso il 6 aprile 1252 nei pressi dell’abitato di Seveso, in una località che, ancora oggi, si chiama San Pietro Martire.

Si può anche aggiungere che la sua canonizzazione avviene, quasi a furor di popolo, appena undici mesi dopo il suo martirio.

Vale la pena di spendere due parole sugli uccisori di San Pietro.

Due di questi vennero subito catturati dalle autorità, ma riuscirono a fuggire grazie alla complicità del Podestà di Milano che parteggiava per gli eretici. Uno di essi, tale Pietro Carino, nativo di Cinisello Balsamo, fugge e raggiunge Forlì. Qui, dopo una grave malattia si converte, confessa il suo delitto, e chiede di essere ammesso nel convento dei frati domenicani del luogo.

In questo Convento conduce tutto il resto della sua vita in preghiera e penitenza, tanto da guadagnarsi la stima di santo sia da parte della popolazione che da parte dei confratelli. Giunto in punto di morte chiede di essere sepolto in terra sconsacrata per scontare il suo delitto. Data la sua fama non viene ascoltato e viene sepolto all’interno del Duomo di Forlì. Attorno agli anni trenta del secolo scorso i resti mortali del Beato Carino vengono trasferiti nella Chiesa parrocchiale di Balsamo, suo paese natale.

Il corpo di San Pietro Martire riposa ora in una sontuosa arca marmorea scolpita da Balduccio da Pisa e posta nella Cappella Portinari presso la Basilica. Anche la testa del santo, recisa dai suoi uccisori, riposa in un apposito reliquiario sempre conservato in Basilica.

Vale la pena di ricordare che lo stesso San Tommaso d’Aquino, passando per Milano nel 1265 volle far visita alla tomba del confratello martire e santo.

A ricordo di questa sua visita, accanto all’arca è stata posta una iscrizione con le parole stesse che il santo d’Aquino pronunciò per l’occasione: “il banditore, la lucerna, il campione di Cristo, del popolo e della fede, qui giace, qui è sepolto, giace scelleratamente ucciso….cadde sotto la spada dei Catari. Cristo rende mirabile il santo, il popolo devoto lo adora, lo rende illustre, ma Cristo opera nuovi prodigi e nuova luce sparge sul suo popolo e risplende nella città la fede già divulgata”.

(tratto dalla pagina facebook di Franco Casati)

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